"Testimoniare per non dimenticare"

Giuseppe Solito

Intervista con la Prof.ssa Sonia Lipani, testimone indiretta della SHOAH

Giovedì 19 gennaio io e altri componenti del “Blog del Di Rocco” ci siamo recati nella cittadina di San Cataldo presso l’abitazione di Sonia Lipani, docente di Lettere nella scuola secondaria di primo grado “Giosuè Carducci” di San Cataldo e testimone indiretta dello sterminio degli ebrei, per intervistarla su un argomento importante e prezioso come la Shoah. La docente, insieme ai suoi alunni, ha scritto un  libro, pubblicato nel 2006, dal titolo “L’abisso e il silenzio” dove parla degli orrori vissuti in prima persona da Shlomo Venezia, ebreo di origine greca, durante lo sterminio di Auschwitz. L’insegnante ci ha accolti mettendo a nostra disposizione dei libri sulla Shoah, alcuni acquistati proprio ad Auschwitz durante una visita. 

Qual è il messaggio che vuole mandare ai ragazzi parlando della Shoah?

«Il messaggio è sicuramente testimoniare per non dimenticare, come disse Primo Levi. È importante studiare la Storia poiché si ripete e quindi ricordare serve a non commettere gli errori fatti nel passato.»

 Come nasce il suo interesse per questo argomento?

«Mi sono appassionata a questo argomento leggendo “La notte” di Elie Wiesel, premio nobel per la pace. Quindi ho cominciato a leggere e ad avere una grande passione per questa tematica perché l’autrice parla della sua storia e quella di suo padre all’interno del campo di sterminio di Auschwitz, dove poi lui muore. Ho anche letto “Se questo è un uomo" e altri libri di Primo Levi. Negli anni sono venuta a sapere che mio nonno è stato deportato nel 1945 e col tempo ho ritrovato delle cartoline che mandava dove diceva che andava tutto bene anche se non era realmente così.»

Come ha conosciuto Shlomo Venezia?

«Vista la passione per questo tema, volevo conoscere qualche sopravvissuto e ho contattato la Comunità Ebraica di Roma che mi ha prenotato delle visite per incontrarli. Era il 2003 quando sono andata; la mattina mi sono recata in comunità a conoscerne alcuni, ma nel pomeriggio ho preso parte alla presentazione di un libro: lì ho riconosciuto Shlomo Venezia che avevo  precedentemente visto sulla copertina del libro “Destinazione Auschwitz”. Abbiamo iniziato a parlare e mi ha dato il suo indirizzo di casa e il suo numero di telefono; successivamente, col consenso del sindaco, l'ho invitato qui a San Cataldo e abbiamo dato luogo ad un incontro con la comunità sancataldese che ascoltava attentamente. Qualche tempo dopo l'ho invitato nella scuola secondaria di primo grado di Sommatino. L’1 ottobre del 2012 purtroppo è deceduto ma continua a vivere dentro di me»

Per quanto riguarda la vita di Shlomo, cosa ci potrebbe dire?

«Nato a Salonicco nel 1929, fu deportato dalla Grecia fino ad Auschwitz nel 1944, dove rimase fino al 18 Gennaio del 1945. Faceva parte del "Sonderkommando", ovvero una "squadra speciale" che aveva il compito di estrarre i corpi dalle camere a gas, raccogliere i capelli (utili per la produzione di tappeti) ed estrarre i denti d'oro. Entrò a far parte di quest'organizzazione dichiarando di essere un barbiere, ma non tagliava i capelli ai deportati, bensì ai cadaveri uscenti dalle camere a gas. Quando è arrivato ad Auschwitz gli fu marchiato il numero di matricola, ovvero 182727, con un ago ardente e dell'inchiostro. Dormiva e viveva sopra il "Crematorio 2". Era uno dei sette sopravvissuti facenti parte del Sonderkommando. Scrisse un libro dal titolo "Sonderkommando Auschwitz". Prima del 1992 si faceva chiamare Bruno, ma proprio in quell’anno ha deciso di rivelare il suo vero nome e di parlare dell’accaduto.»

Con chi è stato deportato Shlomo ad Auschwitz?

«Shlomo è stato deportato con sua mamma, sua sorella Marika e altre due sorelle più piccole. Queste ultime e la madre sono state portate direttamente nelle camere a gas; quando lui chiese di loro lo portarono davanti alla nube di fumo e gli risposero che si trovavano lì. La sorella Marika è invece sopravvissuta.»

Cosa mangiavano durante la loro permanenza ad Auschwitz?

«Durante il loro periodo di permanenza ad Auschwitz mangiavano la mattina latte o tè diluiti con acqua, mentre a pranzo una brodaglia fatta con le bucce delle patate e delle carote. Gli spettava anche una porzione di pane ma era molto ridotta. Al loro arrivo gli venivano consegnati un cucchiaio con una scodellina che dovevano custodire preziosamente.»

Un viaggio durato un’ora e mezza quello che abbiamo vissuto col racconto della prof.ssa Lipani, una donna così piena di risorse e di intelligenza che, insieme alla sua cultura, ci ha catturati col suo racconto. Penso che un giorno, quando non ci saranno più sopravvissuti in vita, non si dovrà dimenticare ma si dovrà mantenere sempre vivo il ricordo poiché quello che è successo in quegli anni si potrebbe verificare nuovamente ma in modo più tragico, viste le tecnologie del mondo moderno. 

Come ha pubblicato oggi 27 gennaio 2023 il quotidiano “La Stampa” nell’articolo che ricorda i sopravvissuti ad Auschwitz Lia Levi, Liliana Segre e Sami Modiano, “Non ci vogliamo stancare. Non ci vogliamo annoiare. E vogliamo continuare a cadere felici su ogni pietra d’inciampo, in giro per il mondo. Per non dimenticare mai che il Giorno della Memoria è ogni giorno”.

Professoressa, la ringraziamo infinitamente per averci accolto e anche per averci trasmesso nuove conoscenze con la sua testimonianza.